Nel vocabolario italiano, «idealista» diventa sinonimo di «fesso» e «intelligenza» di «furberia».
Indro Montanelli
Fatta la legge, trovato l’inganno. Di solito funziona così, ma stavolta vale il contrario. Perché l’inganno non è tanto al di fuori della legge, bensì è nella legge stessa. Sto parlando, come si può intuire dal titolo, del kit retrofit elettrico, e della relativa omologazione necessaria per convertire – in maniera legale – un mezzo a motore da endotermico a elettrico. Ho tentato di percorrere questa pista fiducioso nel buon senso di una normativa che effettivamente sembra nata per dare slancio e impulso a un settore che, senza tanti incentivi, potrebbe valere milioni di euro da qui ai prossimi anni. Ma dannazione, mi sono reso conto in breve tempo che il kit retrofit elettrico è una farsa totale, e lo rimarrà finché non ci saranno modifiche sostanziali alla legge. Ripercorro le tappe in modo da chiarire bene la vicenda anche a chi capita qui per caso senza conoscermi e senza seguirmi sui social.
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L’ACQUISTO DEL UAZ E IL PROGETTO DI KIT RETROFIT
Il primo passo è stato l’acquisto di un UAZ 452 camperizzato (uso abitativo per l’esattezza) dall’allora ditta Schieppati, un pezzo di storia in discrete condizioni, che tuttavia non andava in moto perché fermo da diversi anni. In questo video pubblicato nel mio canale YouTube racconto per sommi capi il giorno dell’acquisto avvenuto ormai più di un anno fa in provincia di Verona:
Il mezzo è imponente, compatto, e si presta bene per viaggi in paesi difficili, tipicamente africani e asiatici. Non a caso il proprietario precedente lo utilizzava sempre e solo per recarsi nel deserto del Sahara, zona Marocco, Tunisia, Algeria, Mali, ecc… Insomma, a me è sembrata un’occasione, e non ho voluto farmela sfuggire, convinto che in un modo o nell’altro sarei riuscito a convertire il veicolo in elettrico ed evitare il bagno di sangue che ne sarebbe scaturito per revisionare “a regola d’arte” tutta la componentistica endotermica (motore, motorino di avviamento, pompa del gasolio e mille altre fantastiche parti soggette a usura e rottura che caratterizzano i mezzi a benzina o diesel). Pia illusione, perché la normativa c’è, ma di fatto risulta inapplicabile. Vediamo perché.
IL NON SENSE DEI KIT OMOLOGATI CHE IN ITALIA… NON ESISTONO
Sostanzialmente la normativa dice questo: puoi convertire un veicolo da endotermico a elettrico, MA… per farlo devi utilizzare un kit omologato in Italia. Vietati quindi i lavori in fai-da-te (consentiti invece in paesi più all’avanguardia come ad esempio l’Inghilterra), e vietati anche i kit di provenienza per lo più cinese senza omologazione italiana. Vietati anche kit omologati per uno specifico mezzo che si discosta dal nostro (quindi no agli adattamenti) e vietati i kit che un’officina di meccatronica potrebbe tranquillamente costruire (ma che, dati i costi, non riuscirebbe a omologare…). E qui sta l’inghippo: perché tolto tutto ciò che è vietato, di kit omologati in Italia ne rimangono 3, per altrettante vetture:
- Fiat 500
- Renault 5 (modelli R5 TL e GTL, a 3 e 5 porte)
- Un terzo che non sono riuscito a capire…
Questo è lo scenario. Una situazione preconizzata già da questo articolo di Economiacircolare, intitolato Retrofit elettrico: arriva il bonus ma mancano le omologazioni per auto. E risalente al 2022. Da allora non è cambiata una beata mazza…
L’INCONTRO CON FAUSTO E LE (IM)POSSIBILI ALTERNATIVE
Visto che sono una testaccia dura, ho deciso di contattare Fausto Golinelli, proprietario di una Prinz convertita in elettrico grazie a un kit retrofit Made in Germany. Fausto ci ha mostrato la sua bellissima auto, tenuta con cura maniacale, e ci ha confermato che i vantaggi in termini di manutenzione e costi ci sono eccome. Ma il suo percorso omologativo, guardacaso, è stato leggermente diverso, e ha previsto un passaggio nella vicina Germania…
In sostanza Fausto ha replicato l’iter di omologazione degli autocarri, che da uso N1 trasporto cose passano a uso M1 trasporto persone (diventando appunto autocaravan, e non veicoli speciali o veicoli uso abitativo come il mio UAZ). Un iter che si svolge, per chi non lo sapesse, tramite il TUV tedesco (o quello austriaco), pagando tasse, agenzie e scartoffie. Il mezzo però, per affrontare la stessa strada, deve essere in condizioni di meccanica e carrozzeria perfette (il TUV guarda tutto, fino all’ultimo dettaglio) e questo vorrebbe dire riportare il UAZ a nuovo, aggiungere i costi del pacco batterie, e concludere in bellezza con la componentistica elettrica. Praticamente dovrei essere ricco sfondato, eventualità già di suo remota, a cui si somma la trasferta in Germania, e tutte le incognite del caso. Per me irrealizzabile e insensato…
Esistono delle alternative? Bè, chissà, per me sì ma sono sempre poco probabili: portare il mezzo in Inghilterra, fare i lavori in fai da te, omologarlo e re-importarlo in Italia. Non fosse per la cara Brexit si potrebbe tentare. Provare a radiarlo dal PRA senza demolirlo? Impossibile, un tempo si poteva, oggi non più. Tentare altri paesi come l’Albania, il Montenegro o la Grecia? Mah… troppe incognite e troppi costi. Morale della favola, ho deciso di mollare l’osso e abbandonare (per adesso) questo progetto, che sulla carta è una cavolata (poche componenti che chiunque potrebbe montare con un minimo di esperienza) ma che sul fronte della burocrazia equivale a un viaggio su Marte. Spiace solo pensare che nel frattempo all’estero officine come Electric Classic Cars, Electron Garage, Electric car converts e altre stanno già convertendo decine di veicoli, con liste di attesa di mesi anche solo per un preventivo… e noi qui a lamentarci che non c’è lavoro. Se c’è una logica, sarei curioso di saperla.