Di confini non ne ho mai visto uno. Ma ho sentito che esistono nella mente di alcune persone. – Thor Heyerdahl
Avete mai sognato di fare gli esploratori? Di viaggiare in lungo e in largo sulle strade del mondo in cerca di storie? Non dite che è impossibile. Lorenzo Scaraggi, a bordo del suo Vostok100k, vi dimostrerà il contrario. Lo abbiamo intervistato in vista del suo imminente tour dell’Europa, un progetto che verrà realizzato da Lorenzo in solitaria a bordo di Vostok100k, un minivan Westfalia dell’82 che ha già macinato centinaia di migliaia di chilometri. Per portare a termine questa impresa, che diventerà un documentario, Lorenzo ha dato via a un crowdfunding su Kisskissbankbank. Obiettivo 7.000 euro per finanziare le spese di benzina e non solo. Dopo averlo scovato su Twitter abbiamo deciso di conoscerlo e scoprire a che punto sono i suoi progetti di vita e di lavoro. Godetevi questa intervista e seguitelo sui social, siamo sicuri che non ve ne pentirete!
Ciao Lorenzo, è un vero piacere averti fra i nostri intervistati. Cominciamo dalla tua storia personale: alla pagina Chi sono del tuo sito ti descrivi come un narratore di storie. Cosa vuol dire esattamente?
Che ormai sono quello che faccio. A 40 anni ormai ho difficoltà a scindere le passioni, le attitudini, la mia professione. Ho difficoltà a rinchiudermi in una o più categorie specifiche, allora trovo più facile definirmi un cronista, un narratore di storie, uno che va in giro a cercare storie e le riporta agli altri attraverso le foto, i testi e i video. Non mi sento solo un viaggiatore come non mi sento solo un reporter o un videomaker, allora vado oltre le definizioni classiche e mi avvolgo di una definizione generica ma che rende un pochino di più l’idea di quello che mi sento.
Qual è la tua attuale professione?
Lavoro come fotografo e videomaker.
Perché a un certo punto hai deciso di acquistare un Westfalia dell’82? E perché chiamarlo Vostok100k?
Perché ho sempre viaggiato, per lavoro o per piacere. Quando sei adolescente o poco più e hai il senso dell’avventura nel sangue, inizi a fare i primi viaggi in autostop, o con la tua vecchia 126, poi viaggi a piedi, viaggi in bici e cerchi il modo per cucire addosso a te il tuo viaggio ideale. E poi ho comprato il mio caro Vostok. L’abbiamo comprato in due, io ed un amico e avevamo deciso di fare il giro del mondo e girare documentari. Sono rimasto solo (a volte si prendono strade diverse) e ho deciso di realizzare quello che ci eravamo proposti.
Inizio dal giro d’Europa. L’abbiamo chiamato Vostok in onore della missione che ha portato il primo uomo nello spazio perché nell’epoca dei viaggi aerei low cost e dei camper ultracostosi, tornare a viaggiare a 70km/h, con tutto quello di cui hai veramente bisogno, senza gps ma fidandosi degli incontri che le strade secondarie ti regalano, è un po’ come volare verso qualcosa di sconosciuto.
Parlaci di lui! Velocità di crociera, optional, punti di forza…
Una volta ho scritto un racconto su di lui, era un capitolo del mio racconto lungo sul viaggio in Cappadocia. Lo paragonavo a un vecchio ballerino di tango. È lento, pigro, ma ne sono innamorato e poi è pieno di finestre per cui chi ci viaggia è nel viaggio stesso, è parte della strada, dei panorami che scorrono lentamente intorno. É spartano ma per questo viaggio sto apportando migliorie che mi permetteranno di abitarlo meglio per i 4 mesi in cui si trasformerà nel mio ufficio e nella mia casa. Recentemente ho messo delle luci al led all’interno dell’abitacolo, una camera per la retromarcia con relativo monitor (quando si è in viaggio in due il compito del navigatore è quello di scendere per dirigere i parcheggi più difficili, ma essendo solo dovrò arrangiarmi). Uno dei miei sponsor, specializzato in fotovoltaico, sta progettando un impianto particolare per rendere il camper indipendente dal gas, staremo a vedere. I punti di forza sono essenzialmente due: uno estetico, il parabrezza enorme che unito alla lentezza ti fa godere a pieno di quello che vedi quando guidi e le dimensioni. È più grande del classico T2 o del T3 ma è lungo quanto una station wagon, di conseguenza puoi tranquillamente parcheggiare anche nelle città. Nel mio viaggio verso Capo Nord ho dormito nei centri di molte città senza che nessuno venisse a dirmi di spostarmi, proprio perché occupa lo spazio di un parcheggio per auto.
Un accessorio di cui non potresti fare a meno per nulla al mondo?
Ho viaggiato in così tanti modi, spesso molto a piedi, per giungere alla conclusione che nulla è, anzi deve essere, necessario se porti la curiosità di conoscere sempre nel cuore.
Tra poco darai il via a quello che tu chiami “Borders: Il giro d’Europa su un camper del 1982 alla ricerca di storie di confine”… Cosa significa tutto questo per te?
È un punto di arrivo ma anche un punto di partenza.
Percorrerò 20mila km lungo i confini dell’Europa continentale cercando storie di confine per girare un documentario, ma anche per raccontare i luoghi e gli incontri alla mia community. Un punto di arrivo perché in questo viaggio concentrerò tutto quello che so fare per tirarne fuori qualcosa che resti, che ricordi agli europei che dietro la nostra storia ci sono incroci di popoli, di storie, di fatti e raccontare alla mia community che spesso per viaggiare non ci vogliono molti soldi, non bisogna essere ricchi ma avere empatia con tutto quello in cui ci si imbatte. Un punto di partenza perché spero che dopo questo viaggio il mio modo di viaggiare e raccontare diventi un format replicabile.
Come sta andando la tua campagna fondi?
La campagna fondi sta andando bene, ho raccolto circa 5000 euro in meno di un mese. Me ne mancano due. Cero quando ho iniziato non credevo sarebbe stato così difficoltoso cercare di riempire questo salvadanaio virtuale, ma giorno dopo giorno mi accorgo che la gente si sta innamorando del mio progetto, che in molti fanno una donazione perché hanno sempre seguito le mie avventure e che spesso gli sembra di essere in viaggio con me. Questo vuol dire che, al di là dei numeri, dei soldi, sto arrivando a quello che mi ero prefisso: comunicare a tutti che il viaggio è la più grande ricchezza che un uomo possa desiderare.
Ci dai 5 buoni motivi per partecipare al crowdfunding?
- è un grande progetto partecipato e condiviso che sarà raccontato costantemente sui social;
- è un modo di viaggiare diverso, anche grazie a quello che ho ribattezzato “Social trip” L’ho già sperimentato per altri viaggi: prima di partire dichiaro la meta e chiedo consigli, informazioni, pareri o semplicemente chiedo alla community, ai fan, se ci sono posti dove hanno sempre desiderato andare. Così costruisco il percorso. Presto lo farò anche per questo viaggio. Facendo così si va a creare un’interazione costante con chi ti segue e hai quasi la sensazione che tutti quelli che ti seguano facciamo parte della squadra.
- Donare vuol dire permettere a qualcuno di realizzare un sogno ma soprattutto diventare produttori di un progetto, come un reportage o il documentario, che in qualche modo resterà legato a tutti quelli che l’avranno finanziato.
- viviamo in tempi in cui spesso l’egoismo o la superficialità determinano quello che facciamo. Donare per un progetto del genere vuol dire fare in modo che accada qualcosa di positivo, far circolare energia positiva. Io, caro Roberto, quando parlo con la gente sono felice di sentirmi dire “Tu viaggi per noi” e non lo dico per vanità. Io ci credo veramente, credo veramente che restituire qualcosa di bello, come una fotografia, sia un modo per farla girare quell’energia positiva. É uno scambio.
- ci sono molte ricompense che vanno dal nome del donatore su una fiancata del camper, alla t shirt, alla possibilità di viaggiare con me per una settimana o di farsi un week end in Puglia a bordo del Vostok.
Durante il tour raccoglierai materiale fotografico e video per girare un documentario. Potremmo avere delle anteprime? Hai già una linea narrativa in mente? Su quali attrezzature farai affidamento?
Ho sempre viaggiato seguendo l’istinto del viaggiatore, affidandomi agli incontri che la strada, che il mio Dio del Viaggio mi dona ed è questo che vorrei restituire attraverso le foto e il documentario. Solo quando ti metti sulla strada le cose ti accadono. Poi naturalmente ci saranno i consigli dei fan e qualche storia che ho già trovato ma fondamentalmente mi piacerebbe rendere l’idea dell’avventura, non avventata ma sentita nel cuore. Per le attrezzature mi affiderò a qualche reflex, una mirroreless e qualche action cam, niente di particolare. Ho anche avuto il supporto di uno sponsor che da sempre mi ha supportato. Si tratta di un mio amico, prima che del mio fornitore di attrezzature varie, Agostino Giordano di Giornano Innovations il quale, quando sono andato a chiedere supporto mi ha detto “il mio negozio è a tua disposizione, prendi quello che ti serve”.
Quindi ci sono anche degli sponsor che stanno credendo nella tua impresa?
Si, oltre ad Agostino di cui ho parlato, c’è lo sponsor del fotovoltaico, Eugenio Giovannelli con la sua azienda Alkimia Energie, poi c’è Michelin Italia che mi fornirà mappe e pneumatici, Toshiba per Hard Disk e SD, realizzerò un minidocumentario per conto delle aziende Donna Francesca e Feudo dei Verità, e ci sono gli amici del Bar Popolare di Bitonto che mi sponsorizzano per l’amicizia che ci unisce da sempre.
A tutti questi si unisce il patrocinio della Regione Puglia.
Qual è la più grande paura di Lorenzo Scaraggi?
Perdere la passione che anima ogni cosa che faccio e smettere di viaggiare.
Di sicuro non ti fermerai dopo Borders… hai già qualche idea che ti frulla in mente? Vecchi progetti da realizzare e validi motivi per continuare a seguirti?
Chiaramente se il progetto dovesse andare bene mi piacerebbe replicarli sugli altri continenti, ma le idee sono tante. Per un viaggiatore un nome di un posto sconosciuto diventa una bomba a orologeria, sentir parlare di un posto lontano innesca nella fantasia un meccanismo che ti catapulta subito dopo su mappe e itinerari probabili.
Ho anche un amico, un pilota, che mi ha proposto di mettere su un altro progetto molto ambizioso: prendere un biplano d’epoca e arrivare a Tokyo. Chissà…
Salutare i lettori di questo blog con un’immagine al termine dell’intervista è ormai un rito. Proponici la tua foto di viaggio preferita!