L’Africa, nonostante la sua povertà, ha più dignità del nostro continente – Carlo Verdone
Le rare volte che mi capita di guardare la TV, ovviamente in casa d’altri visto che da noi non esiste, in pochi minuti mi viene il voltastomaco per la pochezza dei “dibattiti” (diciamo cagnare) su questioni complesse come la democrazia, la povertà, l’occidente e i migranti. L’Africa e gli africani sono argomenti all’ordine del giorno, e diventano la cartina di tornasole dell’ignoranza dilagante che ammorba politici, giornalisti (diciamo articolisti), personaggi pubblici e figure il cui ruolo non è mai chiaro. Evito di approfondire: per fortuna esiste chi la realtà dei fatti non la commenta, la va a vedere e toccare con mano, cercando nel suo piccolo di cambiare la situazione. È il caso di Marco e Stefano, amici e compagni di avventura, impegnati in una bellissima iniziativa che vi invitiamo a seguire sui social. Ora capirete il motivo! Lascio come sempre la parola ai due intrepidi, con l’augurio che tutto vada per il meglio!
1) Benvenuti a bordo Marco e Stefano, ci volete raccontare chi siete e di che cosa vi occupate al momento?
Marco:, sono nato a Roma 43 anni fa, dal 2008 mi sono rifugiato sull’Appennino bolognese per abbandonare il caos delle grandi città. Dopo impieghi presso varie aziende automobilistiche oggi ho trasformato la mia passione per ill volontariato in ambulanza in lavoro dipendente presso la Pubblica Assistenza di Pianoro, in qualità di autista soccorritore.
Stefano: ciao, sono nato a Bologna 52 anni fa e da circa 20 anni mi sono trasferito a Monterenzio alla ricerca di maggior contatto con la natura e di silenzio. Sono infermiere professionale dal 1991 e ho fatto questo lavoro a tempo pieno come dipendente dell’Azienda AUSL fino al 2013, anno in cui mi sono licenziato. Ora preferisco lavorare, sempre come infermiere d’ambulanza, ma come libero professionista part-time così da avere più tempo per me, il volontariato nell’onlus e la scrittura.
2) Quando e come è nato il progetto Panda Crew For Gibuti ?
Marco e io, concittadini di Monterenzio, ci siamo conosciuti qualche anno fa, diventando poi amici grazie al servizio in ambulanza, per me lavoro e per lui volontariato presso la locale Pubblica Assistenza. In seguito Marco si è associato all’Onlus Crew for Africa, di cui sono presidente dal 2007, cominciando ad aiutarmi nella raccolta e spedizione di materiale sanitario e in altre attività. L’Onlus Crew for Africa per cui operiamo, è un’associazione no-profit nata nel 2007 per aiutare le popolazioni che abitano le zone più povere del Corno d’Africa, nello Stato di Gibuti; in particolare, per contribuire a combattere la malnutrizione infantile, le difficili condizioni igieniche e l’analfabetismo.
Dal 2009 l’associazione ha accolto un gruppo di infermieri professionali del 118 e altri volontari con diverse competenze in ambito sociosanitario, formativo e gestionale. È stato possibile, in questo modo, realizzare numerosi progetti di supporto all’Ospedale Balbala di Gibuti in collaborazione con il Ministero della Sanità locale e con la Scuola Miriam in collaborazione anche con l’Associazione locale dei Genitori.
Marco e Stefano: “Panda Crew for Djibouti” nasce dall’incontro / scontro di due pazzi sognatori, volontari per passione, stregati dall’idea del viaggio in sé e dall’interesse per le diverse culture del mondo.
Stefano: Ad aprile 2017 sono tornato in Italia dopo un mese di volontariato trascorso a Gibuti. Dopo una serata tra amici con il mio racconto della recente esperienza Marco mi ha letteralmente buttato lì l’idea di andare a Gibuti via terra, con un lungo viaggio in auto. Devo dire che non ci ho pensato molto prima di accettare la proposta, sicuramente attirato dall’unicità dell’occasione ma anche dalla potenzialità di un progetto con molti contenuti.
3) Nella sezione info della pagina Facebook parlate dell’aereo come del “mezzo di trasporto più veloce per spostarsi dal punto A al punto B, ma anche quello che fa perdere senza rimedio il contatto con tutto ciò che unisce i due luoghi”. Volete spiegarci meglio questo concetto secondo noi importantissimo e – spesso – sottovalutato?
Stefano: Viaggiando via terra percorreremo tutti i punti intermedi tra la partenza e l’arrivo che di norma saltiamo con l’aereo: è la piccola differenza che c’è osservando su una carta geografica la linea quasi retta di un volo di 12 ore e un bel ghirigoro di un tragitto via terra, tracciato in circa 90 giorni. Non solo vogliamo avere la possibilità e il piacere di osservare il mutare del paesaggio km dopo km ma, Marco e io, crediamo che sia una grande opportunità per conoscere in modo più naturale gli abitanti del paese in transito o altri viaggiatori incontrati lungo la strada.
4) Perché fra tanti mezzi possibili avete scelto di viaggiare con una “vecchia Panda”?
Marco: La Panda 4×4 rappresenta da sempre per la nostra generazione l’idea di auto lenta ma inarrestabile, molto adatta alla nostra filosofia di viaggio, spartano e un po’ avventuroso.
Stefano e io siamo quindi convinti che la Panda 4×4 sia la matita più adatta per tracciare il ghirigoro sulla nostra mappa di fratellitudine. La fratellitudine è una coordinata inventata da Stefano e aggiunta alla nostra personale geografia di viaggio e volontariato; la intersechiamo da tempo con latitudine e longitudine, per definire la capacità delle donne e degli uomini di darsi una mano da un continente all’altro, anche attraverso percorsi tortuosi e impensati.
5) Quanto dovrebbe durare all’incirca il vostro viaggio?
Marco: Il viaggio partirà a Settembre 2018 e ci vedrà impegnati per circa 3 mesi; l’itinerario di circa 11000 km si potrebbe coprire in metà del tempo ma vuole essere volutamente un viaggio lento, a passo di “carovana”, che, come già accennato, ci dia la possibilità di incontrare lungo il percorso associazioni simili a Crew For Africa Onlus attive nei paesi che attraverseremo, ma anche scuole e realtà sanitarie con cui scambiare esperienze e magari messaggi di speranza per la Scuola Miriam a Gibuti.
6) Quali rischi si presentano lungo la strada? Fra i tanti, quale vi spaventa o quantomeno vi preoccupa di più?
Marco: L’itinerario è stato disegnato tenendo conto dell’attuale condizioni socio politiche degli stati che attraverseremo; ad oggi non presenta pericoli particolari ma, come ci ha insegnato la storia recente, alcuni scenari possono cambiare da un giorno all’altro.
Le difficoltà maggiori saranno quelle burocratiche e l’attraversamento di alcune frontiere terrestri; una nota agenzia di viaggi , da anni attiva nell’organizzazione di raid in auto e moto nei 5 continenti, ci sta supportando nella preparazione delle pratiche e dei visti. Questo non escluderà possibili imprevisti che sicuramente daranno più sapore alla nostra avventura.
7) Quale aiuto porterete in concreto alle popolazioni del Gibuti?
Stefano: Crew for Africa Onlus con il progetto PandaCrew si prefigge di :
- sostenere la Scuola Miriam di Gibuti con la donazione di un assegno che contribuirà a coprire le spese di gestione in aggiunta al periodico sostegno già erogato durante l’anno.
- potenziare le risorse dell’ospedale Balbalà di Gibuti tramite la donazione di un fuoristrada passo lungo allestito per la gestione delle maxi emergenze e l’evacuazione di feriti in scenari anche non cittadini ( realtà giornaliera per i nostri colleghi ambulanzieri gibutini )
8) Che esperienze avete in viaggi di questo genere?
Marco: sono appassionato di viaggi dal lontano 1993 e ho avuto modo di attraversare, ora da solo ora con altri equipaggi, sia con auto sia in fuoristrada, diversi stati della vicina Europa come delle lontane Asia e Africa.
Stefano: durante vari soggiorni di volontariato in alcuni stati africani, ho avuto modo di visitarli spostandomi a lungo in auto e soggiornando nelle condizioni più varie.
9) Quando è nata la passione per l’Africa e l’interesse verso cause umanitarie così delicate?
Marco: Vent’anni di avventure mi hanno dato la possibilità di vedere posti, popolazioni, usi e costumi tanto differenti: alcuni sono anni avanti rispetto a noi, altri sono anni indietro ed è stato come un tuffo nel passato dei nostri nonni. Osservare ciò, mi ha insegnato a guardare con occhi diversi e ad accettare gli stranieri che vivono nel nostro paese. Diventare volontario anche con Crewforafrica è stata la naturale evoluzione del mio percorso di soccorritore d’ambulanza.
Stefano: Ho iniziato a sperimentare il volontariato da studente diciottenne, nel 1983, recandomi in Rwanda e da quel momento, per quasi ogni anno, ho continuato poi, come infermiere, fino ai primi anni del 2000, quando ho cominciato a recarmi a Gibuti, fino alla creazione dell’Onlus nel 2007.
10) Perché secondo voi la gente se la prende con gli africani (e gli stranieri in generale) e non con le multinazionali di diamanti, legname, armi e petrolio che sfruttano le risorse del continente nero in modo criminale?
Stefano: domanda complessa ma sicuramente parte della spiegazione è da attribuire a una profonda ignoranza di fondo, alla disinformazione dilagante e anche volutamente indotta. Così per alcuni gruppi di potere è possibile dirottare il malcontento di molta parte della popolazione italiana ed europea contro un facile bersaglio, trasformato nel nemico straniero che ci invade e ci ruba il lavoro. Penso anche che la “gente” non sia capace o non voglia prendersela con chi già in casa sua sfrutta ignobilmente le proprie risorse, figuriamoci se s’indigna per un continente lontano. Penso inoltre che non ci sia stata la capacità di formare nuove generazioni a uno studio critico della storia e che anche il tremendo passato coloniale italiano e le sue conseguenze siano ignorate o volutamente dimenticate. Tra poche persone c’è consapevolezza di far parte di un’unica realtà collegata con se stessa, da cui non si può prescindere creando muri o divisioni.
11) Secondo voi quali piccole azioni di noi occidentali potrebbero salvare il Corno d’Africa (e il resto del continente) dall’attuale situazione?
Stefano: credo che acquisire sempre più coscienza globale e trasmetterla, informarsi, fare scelte sempre più etiche ed ecologiche nel proprio quotidiano, fare scelte anche politiche adeguate possano essere la strada per cercare di salvare non solo l’Africa ma anche il resto del pianeta, sperando sia ancora possibile.
12) Cosa pensano le vostre famiglie di questo viaggio? E i vostri colleghi di lavoro?
Marco:Mia madre, nonostante mi abbia visto per anni coinvolto in imprese simili, ancora non rassegnata, ha commentato con un laconico “che dire !”
Le nostra compagne e alcuni amici, entusiasti del progetto, sono intenzionati a raggiungerci per condividere alcuni tratti del percorso. Tutti indistintamente ci considerano un po’ folli e una parte ci invidia spudoratamente.
13) Quanto tempo occorre per pianificare un viaggio del genere? E quali sono gli ostacoli maggiori?
Marco: La pianificazione di un viaggio on the road nasce sempre mesi/anni prima della reale partenza.
Alle normali difficoltà nel reperire informazioni riguardo ai requisiti richiesti in frontiera, alla percorribilità delle strade e alla disponibilità di traghetti non convenzionali, in questo caso la programmazione è resa più difficile dalla ricerca di partner interessati al finanziamento del progetto e dalle difficoltà burocratiche legate alla donazione del mezzo ad uno stato estero.
14) Come affronterete possibili guasti e malfunzionamenti? Avete competenze di meccanica o sperate nel buon Dio?
Marco: Qualcosina sappiamo, qualcosina impareremo grazie alla collaborazione con officine partner, qualcosina porterà la fratellitudine, qualcosina INSHALLAH !
Stefano: Stiamo cercando di non trascurare nulla come organizzazione ma è chiaro che gli imprevisti sono imprevedibili! Li affronteremo man mano.
15) Perché avete scelto settembre 2018 come data di inizio del viaggio? È una buona stagione?
Marco: Settembre ci darà la possibilità di lasciarci alle spalle la neve e il freddo di Turchia e Iran e di affrontare meglio il caldo dei deserti arabici e sudanesi. Percorreremo le piste etiopi sperando siano già asciutte dopo il fango delle piogge estive. Arriveremo a Gibuti nella loro stagione invernale equivalente circa alla nostra fine primavera e inizio estate.
18) www.crewforafrica.org è un piccolo spazio online che rappresenta la vostra associazione di volontariato. Ce ne sono altri che volete segnalarci? (Profili social, blog, ecc?)
Stefano: Oltre al sito web istituzionale già linkato più sopra segnaliamo la pagina facebook ufficiale dell’onlus:
www.facebook.com/crewforafrica/
mentre la pagina facebook specifica del viaggio PandaCrew è:
www.facebook.com/PandaCrew-131317207593282
Profilo instagram: @crewforafricaonlus
Segnaliamo anche il blog de Il Girovago (Edizioni Nuovas1) che da alcuni anni ospita i miei diari da Gibuti in cui racconto la realtà del paese e il lavoro dell’onlus:
http://www.ilgirovago.com/category/diari-dallestero/stefano/
19) Che cosa possono fare le persone che vi seguono per contribuire a questa iniziativa di solidarietà?
Marco: Sicuramente continuare a seguirci e a condividere i post sui social network, invitarci a serate di presentazione, segnalarci potenziali partner e partecipare alle serate di raccolta fondi e al crowdfunding che presto apriremo
20) Siamo arrivati alla fine di questa intervista, e come ormai d’abitudine, ti chiediamo di salutarci con la foto che più rappresenta questa grande avventura!