Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla – Lao Tzu
Impossibile raccontare un progetto come #roadtocanada senza accennare, almeno in parte, alla storia dei personaggi che andremo a incontrare. Impossibile, dunque, non parlare di mio fratello, uno dei protagonisti, se non il protagonista, di questa piccola grande impresa. “Uncle” Marco è il suo attuale soprannome nel gruppo WhatsApp che utilizziamo per scambiarci foto e messaggi. Ad oggi il telefono rappresenta il nostro principale canale di comunicazione. Ogni tanto un’email, qualche volta, una al mese se va bene, una chiacchierata su Skype. Lasciare tutto e andare in Canada, per me, significa anche questo: lontananza, perdita di fisicità, attesa del momento giusto per “collegarsi”…
Marco ha mollato tutto ed è partito per il Canada nel 2013. Ad attenderlo a Toronto c’era sua moglie Marissa, ragazza greco-canadese conosciuta in Italia e sposata l’anno prima. Ad accompagnarlo in aeroporto a Venezia c’ero io. Mamma e papà non se la sono sentita e adesso che sono genitore capisco perché. Non è facile per nessuno ricominciare una nuova vita dall’altra parte del mondo. Il primo anno è stato duro, Marco non perde occasione per ripeterlo. Durante l’inverno le temperature sono scese sotto i 30 gradi, le tubature nel sottosuolo scoppiavano, i rami degli alberi congelati si spezzavano come bastoni, tanta neve, tanta solitudine, tanti pensieri. L’esigenza primaria, una volta fatte le carte, è stata quella di trovare un lavoro. Nonostante Marco sia diventato presto cittadino canadese in virtù della nazionalità di Marissa, a sua volta canadese, la ricerca si è dimostrata più difficile del previsto. Per fortuna mio fratello è un osso duro…
SUI TETTI DI TORONTO A MONTARE PANNELLI FOTOVOLTAICI
Prima di lasciare tutto e andare in Canada, Marco ha venduto le quote della web agency da lui fondata a Padova. Quei soldi sono serviti per pagare il biglietto aereo, i mesi di affitto della nuova casa, il cibo e tutto il resto. Va da sé che il denaro fa presto a finire, in queste situazioni è fondamentale crearsi un’entrata, e in fretta. I parenti di Marissa, grazie a Dio, vivono anche loro a Toronto e sono in buoni rapporti, per cui si sono mossi subito e hanno aiutato Marco. Il fratello Gus, in particolare, ha ingaggiato Marco come manovalanza nel montaggio dei pannelli fotovoltaici per conto della sua azienda. E così, con buona pace della mamma eterna preoccupata, Marco è finito sui tetti di Toronto, pure quando fuori c’erano 30 gradi sotto zero e bisognava tornare in macchina ogni quarto d’ora a scaldarsi le mani…
La terra promessa si rivelò subito più costosa del previsto. Gli affitti a Toronto sono molto cari, l’assicurazione sanitaria, obbligatoria per legge, così come la polizza auto, sono entrambe salate, uscire fuori per un aperitivo risulta spesso proibitivo. In una città dove la pressione demografica e l’immigrazione è fortissima, i prezzi per vivere non possono che essere alti. Accanto al lavoro di installatore, Marco continua a inviare curriculum e cercare altre offerte. Finalmente salta fuori un’agenzia di comunicazione che lo assume e gli permette di esprimere le sue passioni: creare siti web, promuovere business, comunicare con il pubblico. Le cose sembrano andare bene, ma nel giro di un anno saltano fuori incomprensioni con il capo, limitazioni, problematiche varie. Da qui una nuova ricerca, nuovi colloqui, nuove offerte di lavoro in altre agenzie, fino alla proposta decisiva.
DIPENDENTE O LIBERO PROFESSIONISTA? IL GRANDE DILEMMA
Ne abbiamo parlato a lungo, e da parte mia non ho potuto fare a meno di consigliare a Marco di seguire l’istinto: se lo attirava l’idea di mettersi in proprio, che si mettesse in proprio. Su Skype, Marco sosteneva che la nuova agenzia non lo convincesse poi tanto, e che fosse molto distante da casa (altro problema, ma qui dipende dai gusti personali, sono le dimensioni gigantesche di una città come Toronto). I ragionamenti, per qualche settimana, si sprecarono, finché non divenne chiaro anche a Marco che la strada da seguire era una sola. Bisognava crederci, fare il grande passo e aprire la filiale della vecchia web agency in Canada. Così è nata Diginess Canada, tuttora la principale attività di “uncle” Marco, motivo di orgoglio e di soddisfazione quotidiana visti i numerosi lavori svolti per privati e imprese canadesi, alcuni dei quali in collaborazione con Diginess.
Il vento stava girando. Marissa proseguiva l’attività della sua ONG Aura Freedom e intanto Marco tesseva la sua rete di partner e clienti. Ci sono voluti 4 anni e alla fine è arrivata anche la nuova macchina, usata, certo, ma non per questo meno importante. L’anno scorso, infine, la notizia più bella: Marissa e Marco aspettano un bambino! Mentre scrivo manca meno di un mese al grande giorno. L’attesa sta per terminare: sapremo, fra le altre cose, se è un maschio o una femmina, e vedremo che faccia ha questo angioletto. Non vediamo l’ora di abbracciarlo, stringerlo forte e festeggiare insieme ai parenti e al piccolo Sebastiano. Sono sicuro che un giorno ce ne andremo a pesca di salmoni insieme, e gli racconterò di quando suo padre fingeva di non vedere più il mio galleggiante, per poi scoppiare a ridere e farmi una pernacchia con la lingua di fuori. E tante altre storie…
Comments
1 commentoRiccardo
Apr 14, 2017Questo articolo fa capire che non esiste la “terra promessa” ,ma con impegno e caparbietà quella che hai scelto potrebbe diventarla , grande “uncle” Marco
Rob
Apr 14, 2017Verissimo, qualsiasi paese (nei limiti del buon senso) può diventare la terra promessa, basti pensare a come è vista l’Italia dalle popolazioni che fuggono dalla guerra… e forse gli stessi canadesi vedono l’Australia o il Nord Europa come una terra promessa, chissà!