Venezia, metà donna, metà pesce, è una sirena che si disfà di una palude dell’Adriatico – Jean Cocteau
Da buon veneto, la mia recensione del libro Venezia è un pesce di Tiziano Scarpa non potrebbe che essere di parte. Un po’ per la familiarità del linguaggio nei punti in cui l’autore si rifà al dialetto, un po’ per il piacere di avere come cicerone una persona “vicina”, quantomeno dal punto di vista geografico. E poi, soprattutto, perché Venezia è come Roma per i laziali o Firenze per i toscani: una presenza costante, un luogo di ricordi legati all’infanzia o alle generazioni che ci hanno preceduto (i miei genitori, tanto per dirne una, si sono sposati proprio a Venezia). Insomma, il terreno, o meglio, la laguna, in cui si bagnano in parte le mie radici.
Se cercate una recensione neutrale, dunque, vi avverto che non siete nel posto giusto: “Venezia è un pesce” l’ho divorato in una sera, e non per il solo fatto che è breve (meno di 90 pagine se escludiamo la parte finale che esula dalla guida vera e propria), ma perché è davvero un libro godibile, ricco di spunti interessanti per conoscere meglio questa città unica al mondo. Come l’approfondimento sulla tecnica di costruzione di Venezia, grazie al quale ho scoperto finalmente perché i pali di legno sorreggono da qualche secolo a questa parte gli edifici senza marcire (curiosi eh?). O come il passaggio sui ponti in cui viene svelato un altro grande mistero:
Alcuni lo dichiarano fin dal nome: ponte Storto. Ciò significa che molto spesso le calli che sfociano sulle due rive del canale non sono state allineate per essere unite da un ponte: erano semplicemente sbocchi sull’acqua dove accostare le barche per salire a bordo o scendere a terra, per caricare e scaricare merci. In altre parole, prima sono venute le case, e fra le case le calli, disposte secondo leggi proprie; i ponti sono stati fatti dopo: sono i ponti che si sono dovuti adeguare alle sfasature fra le calli quasi dirimpettaie, ma non perfettamente in asse da una riva all’altra dei rii.
Ecco, sono passaggi come questo che mi hanno fatto perdere la testa per Venezia è un pesce, al di là dell’idea vincente di suddividere il libro secondo l’anatomia umana, per cui i capitoli sono dedicati ora ai piedi, ora alle gambe, ora al cuore, ora alle mani… e così via. Non mancano i riferimenti letterari utilizzati da Tiziano Scarpa e riportati con dovizia di particolari, così da permettere al lettore di ampliare l’esplorazione del capoluogo veneto da angolazioni diverse.
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