Le grandi montagne hanno il valore degli uomini che le salgono, altrimenti non sarebbero altro che un cumulo di sassi – Walter Bonatti
Era un po’ che non aggiornavo la sezione snow & more di questo blog. Del resto neve ce n’è sempre meno e il tempo, allo stesso modo, è a dir poco risicato (il solo restauro di Ermanno mi ha tenuto bloccato in officina per quasi un anno intero). Come se non bastasse, è arrivata dal nulla la pandemia, con le restrizioni del lockdown prima e del Green Pass poi. Morale della favola: organizzare un semplice trekking è diventata una missione. Ma alla fine, gira e rigira, la proposta di un vecchio amico si è trasformata in qualcosa di più serio, e dopo oltre un mese di tira-e-molla abbiamo deciso di provare l’esperienza più improbabile: una notte in quello che viene considerato uno dei rifugi più belli delle Dolomiti. Più belli e con il dislivello più alto.
Dal punto di partenza (nel nostro caso il parcheggio libero e gratuito di Pradimezzo, in località Taibon) al bivacco, ci sono qualcosa come 1.400 metri di dislivello. Le Torri Gemelle, per capirci, erano alte 417 miserabili metri. Ma noi impavidi non ci siamo fatti spaventare. E così, carichi di aspettative e di barrette energetiche, un mattino radioso di metà ottobre ci siamo ritrovati al bar sotto casa (in provincia di Padova per l’esattezza), e da lì, dopo un paio d’ore di auto, siamo arrivati al punto di partenza. Ore 10 avevamo gli scarponi ai piedi e lo zaino in spalla, attrezzati di tutto punto.
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LE TAPPE INTERMEDIE E IL PERCORSO FINO AL RIFUGIO
In rete si trovano parecchi articoli dove viene descritto il percorso con dovizia di particolari, per cui non sto qui a tediarvi troppo con dettagli che nemmeno riesco bene a capire (non sono un esperto di montagna). Vorrei però condividere questa giornata nell’interesse di chi, totalmente alle prime armi come noi, sta pensando di salire al rifugio Bedin senza farsi troppe domande (una buona regola che abbiamo ripetutamente infranto è non chiedere a chi sta scendendo quanto manca all’arrivo: non fatelo, credetemi).
Per prima cosa quindi raggiungete Pradimezzo, o Prà di Mezzo, minuscola frazione segnalata anche su Google Maps. Nel dubbio scrivete Prati di Mezzo o in alternativa Via Roa (la malga Pradimezzo in Trentino Alto-Adige non c’entra invece una mazza, siamo in provincia di Belluno). Nel parcheggio sull’erba o lungo la strada potete parcheggiare gratis, spazio ce n’è anche per un van o un camper (un motorhome è più difficile, ma non impossibile). Come si inizia a salire, compaiono segnali e indicazioni, e subito capiamo che all’arrivo non ci sarà nessun festino a base di caviale e champagne…
Tappa intermedia è la malga Ambrosogn, che per coerenza non sarà la malga dove degustare formaggi tipici e salumi: trattasi di altro bivacco in stato di semiabbandono. Dormire si può anche dormire, acqua corrente ce n’è e c’è pure un braciere per il fuoco, ma è un po’ come stare in una versione montanara e rimpicciolita di Scampia. Per la cronaca a 1700 metri sul livello del mare, lungo il sentiero n° 764, a circa 2 ore e 30 di cammino (ma delle statistiche mi fiderei poco, molto lo farà il vostro allenamento).
Siete, in linea teorica, esattamente a metà percorso. Ma qui comincia la parte ancora più difficile: il bosco lascia il posto alla nuda roccia, l’aria si fa più rarefatta e del rifugio ancora manco l’ombra… Da quassù inizia però anche il tratto più suggestivo e panoramico. Altro punto di passaggio obbligatorio è infatti la forcella Besausega, per raggiungere la quale ci si tiene alle spalle un paesaggio da cartolina, camminando lungo un sentiero ripido e scivoloso, sotto l’occhio severo di sua maestà Marmolada. Spettacolare.
L’ARRIVO AL BIVACCO, TRA ESCURSIONISTI E CACCIATORI
Il percorso per raggiungere il bivacco Bedin è notoriamente affollato. C’è chi sale e c’è chi scende, c’è chi si ferma per la notte e chi all’arrivo prende fiato qualche ora per poi tornare indietro. Per lo più incontrerete escursionisti, alcuni piuttosto improvvisati, altri che sembrano usciti dal film Cliffhanger. Verso la fine, prima della forcella, abbiamo incontrato anche un paio di cacciatori con un cucciolo di camoscio sulle spalle. Ignoro quale sia il periodo migliore per salire, certo è che in estate c’è più luce e fa più caldo, ma il numero di persone che salgono potrebbe risultare eccessivo. Per contro, in autunno l’aria diventa più fredda, ma c’è meno affollamento e di conseguenza più possibilità di trovare posto per dormire. Toglietevi dalla testa di salire in inverno: si può fare, ma la neve rischia di coprire l’esile sentiero e portarvi decisamente fuori pista (se non mi credete, leggete questa notizia e aggiungete mezzo metro di neve).
A questo punto, superata la forcella Besausega, ci siamo quasi. Un ultimo sforzo con lo strapiombo di fianco e arriviamo alla cima finale, oltre la quale si trova il piccolo e quasi buffo bivacco Bedin. L’aspetto è quello di un container arrotondato, caratteristica dovuta all’aggiunta di una minuscola saletta con tavolo, panca, sedie e – udite udite – finestre panoramiche sulle montagne circostanti. La sensazione è quella di sedersi in cima al mondo, con un silenzio cosmico a fare da sottofondo. Non fosse per noi che ci mettiamo a sbevacchiare e festeggiare insieme a un paio di ragazzi, anche loro saliti da poco in quota per dormire la notte. Una terza persona che viene da Schio porterà il totale dei posti letto a 8, su una capienza complessiva di 9 brande (tre letti a castello disposti a ferro di cavallo). All’esterno ci aspetta una catasta di legna. E con le ultime forze che ci rimangono accendiamo il nostro fuocherello in attesa di cenare.
CONSIGLI PER ARRIVARE SANI E SALVI AL RIFUGIO
En passant, qualche consiglio per chi intende affrontare il trekking da solo o in compagnia.
- la salita è tosta, se non siete preparati (come noi) portatevi almeno del magnesio in bustina per i crampi, delle pomate lenitive (per i piedi) e delle barrette energetiche
- se prevedete di andare e tornare in giornata partite entro le 8 o 9 al massimo del mattino, così da avere un paio d’ore per fermarvi al bivacco, senza farvi prendere dall’ansia del buio
- se prevedete di fermarvi a dormire, portatevi una tenda, anche piccola, nel caso il bivacco fosse pieno (in estate capita spesso)
- l’acqua dicono che sia presente a 15 minuti e probabilmente è vero, noi abbiamo individuato un rigagnolo lungo il sentiero, ci abbiamo appoggiato le bottiglie di plastica (quelle che si trovano dentro il bivacco) e via andare, in venti minuti abbiamo raccolto 7 litri
- in linea di massima, il bivacco serve per le situazioni di emergenza, non per mero turismo… e soprattutto con il Covid, in caso di controlli, potrebbero rompervi le scatole
- scaricate l’applicazione gratuita Wikiloc, tornando indietro abbiamo sbagliato clamorosamente sentiero, e grazie all’app siamo riusciti a riagganciare il percorso giusto. Perdersi è veramente facile.
Cosa trovate dentro il bivacco:
- bottiglie di plastica per procurarvi l’acqua
- scatole di fagioli, ceci e legumi
- sale fino e sale grosso
- pasta in busta e risotti disidratati
- pentole della seconda guerra mondiale
- forchette e bicchieri piuttosto sporchi (nessuno evidentemente si porta un detersivo, finezze)
- coperte per i posti letto
- medicazioni varie
- bombolette del gas (ma senza l’attacco giusto)
Per qualsiasi domanda fatevi sotto nei commenti. Buona fortuna!